PENSIERI APERITIVI
CURARE LA PROPRIA INTERIORITÀ E DIVENIRE CONSAPEVOLI
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dott.ssa Ilenia La Rocca
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IL BENESSERE
Il concetto di benessere è stato molto dibattuto e nel tempo ha subito numerose modifiche e trasformazioni. Inizialmente il benessere veniva associato all’assenza di patologia, carenze o deficit e si presumeva fosse determinato da elementi di natura oggettiva quali avere uno stile di vita agiato, buone condizioni di salute, una macchina di lusso, uno status sociale elevato, ecc. Fino ad allora il focus della psicoterapia era quello di “riparare” qualcosa di malfunzionante, di rotto. In seguito filosofi e teologi hanno approfondito il concetto di benessere collegandolo alla felicità[1]
Nel corso del tempo si è compreso che il benessere (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano e che caratterizza la qualità di vita di ogni singola persona all’interno di una comunità di persone (la società). La Commissione Salute dell’Osservatorio Europeo sui Sistemi e sulle Politiche Sanitarie (a cui partecipa il distaccamento europeo dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità) ha quindi ridefinito il concetto di benessere come “lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”, sostenendo l’importanza di mantenere in equilibrio dinamico questi cinque aspetti per garantire il benessere dell’individuo. Anche Maslow ha approfondito la questione con la teoria della “Piramide della motivazione umana” o “Scala gerarchica delle necessità umane” sostenendo che col passare del tempo la realizzazione dei bisogni fondamentali (parte inferiore della piramide) e di alcuni desideri considerati un tempo difficilmente raggiungibili (parte superiore della piramide), porta alla nascita di altri bisogni e desideri.
Con il tempo, quindi, ci si è spostati verso una concezione sempre più soggettiva del benessere che implichi individuare i comportamenti che possano migliorare la qualità della vita, costruendo e potenziando skills e risorse già presenti in ognuno di noi per fronteggiare al meglio le situazioni stressanti. Ognuno di noi, infatti, elabora a proprio modo la qualità della vita in base alle caratteristiche personali e alle modalità con cui si rapporta con l’ambiente. Ad esempio, due persone affette dalla medesima malattia possono approcciare ad essa in modo arrendevole temendo di non essere in grado di superarla, o in modo combattivo sapendo di avere le risorse per farle fronte. Nasce così la Psicologia positiva che guarda all’individuo come un insieme di risorse e capacità da potenziare più che ad una macchina difettosa da riparare. Questa nuova prospettiva propone una duplice visione della felicità: una felicità di tipo soggettivo (Subjective well-being) legato alla sfera affettiva individuale che consiste nel raggiungimento di piaceri fisici e mentali ed il benessere psicologico (Psychological well-Being) legato alla sfera dell’auto-realizzazione anche in termini collettivi. C’è una continua interazione tra benessere individuale e collettivo per cui la felicità personale si realizza nell’ambito dello spazio sociale (Delle Fave, 2006). Il benessere è quindi un orizzonte raggiungibile solo mediante la messa in campo delle risorse personali e le competenze sociali disponibili (Delle Fave, 2007).
BENESSERE EMOTIVO E SALUTE
Il benessere è quindi uno stato di felicità e soddisfazione, caratterizzato da bassi livelli di disagio, un buono stato di salute fisica e mentale complessiva che si traduce in una buona qualità di vita (APA, n.d.). Fattori biologici, ambientali, stile di vita e gestione della salute possono influenzare il benessere di una persona (APA, n.d.). Il benessere emotivo, invece, è un concetto più complesso che comprende il benessere psicologico, la salute mentale, il prosperare, il benessere soggettivo ed è strettamente collegato anche alla salute fisica (Feller et al., 2018). Una revisione sistematica (Chida e Steptoe, 2008) ha indagato l’associazione tra benessere emotivo e mortalità, riscontrando che il benessere emotivo riduce del 20% i rischi di tutte le cause di mortalità in persone in salute. Inoltre, alti livelli di benessere emotivo sono benefici per il recupero e la sopravvivenza di pazienti fisicamente malati e predicono una migliore prognosi a lungo tempo (Lamers et al., 2011). Siamo tutti “programmati” al benessere, dobbiamo solo prendercene cura.
LE CREDENZE DISFUNZIONALE...E INCONSAPEVOLI
Fin dall’infanzia ognuno di noi costruisce delle “scorciatoie mentali”, delle lenti attraverso le quali interpretare la realtà ed i rapporti con gli altri al fine di orientarsi nel mondo circostante, non sentirsi impreparati di fronte agli imprevisti, dare un senso alle cose e provare a comprenderle. Queste scorciatoie mentali vengono definite credenze, ovvero un insieme di convinzioni costruite sul mondo circostante che si attivano in modo automatico, quindi inconscio, per classificare e valutare istantaneamente tutte le informazioni, trarre una conclusione e agire. Le credenze sono quindi alla base dei nostri atteggiamenti e comportamenti e si sviluppano a partire dalle figure educative di riferimento nell’infanzia (famiglia, scuola) e dall’ influenza dell’ambiente sociale. Sebbene una parte di questi contenuti sia utile e benefica per l’individuo, ce ne sono altri che agiscono in modo nocivo ma soprattutto, senza la consapevolezza, l’autorizzazione ed il “vaglio critico” dell’individuo stesso che accetta passivamente delle informazioni senza verificarne la validità. Il premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman (2013) infatti, ha introdotto il concetto di euristiche per descrivere quei processi di pensiero che consentono di creare una prima impressione, e di arrivare in maniera rapida, veloce e senza sforzo a delle conclusioni. Sono, dunque, delle scorciatoie molto utili in determinati ambiti ma pericolose in altri perché possono produrre errori di giudizio chiamati bias cognitivi che interferiscono con il funzionamento del pensiero intuitivo, alterando la percezione di molti eventi. Per tale ragione nonostante alcune credenze non abbiano delle prove vengono sostenute come verità assoluta, condizionando i comportamenti quotidiani e perfino le emozioni fino a compromettere obiettivi e desideri. La ricerca pubblicata dalla JSS Academy of Higher Education & Research (Rao T. S. S., Asha M. R., (Rao K. S. J., Vasudevaraju P., 2009) indica che le convinzioni sono anche un prodotto del cervello emotivo e che il suo modo di interiorizzare parte anche da complessi processi biochimici e neurologici. Questo spiega la difficoltà nel cambiare le convinzioni. Le credenze possono quindi essere potenzianti, positive, responsabilizzanti o limitanti, dannose, controproducenti. Un esempio di credenza potenziante è quella sull’autoefficacia nel discorso di Obama durante le elezioni presidenziali di qualche anno fa “Yes, we can!” (Sì, possiamo farcela!). Un messaggio motivante ed incoraggiante che può far sentire una persona supportata, fiduciosa nelle proprie possibilità e capacità. Albert Bandura (2000) sosteneva che “Avere fiducia in te stesso non ti garantisce il successo, ma non averla garantisce il fallimento” per sottolineare l’importanza delle credenze positive e incoraggianti. In alcuni casi però, l’ambiente familiare, sociale o culturale trasmette convinzioni dannose e limitanti. Si pensi a fenomeni quali la discriminazione ed i pregiudizi, si pensi alla depressione e all’ansia che alla base hanno quelle che Ellis ha definito le idee irrazionali o disfunzionali come ad esempio:
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Convinzione di essere colpevole e responsabile di tutto;
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Convinzione di non avere il controllo su nulla;
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Percezione che tutto ciò che verrà è avverso;
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Credenze di accettazione: tutti devono accettarmi e convalidarmi;
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Credenze indifese: io sono così e non posso farne a meno; qualunque cosa tu faccia, tutto andrà storto.
In conclusione, i sistemi di credenze influenzano, nel bene e nel male, quasi tutto ciò che pensiamo, sentiamo e facciamo. Diventa dunque necessario e fondamentale focalizzare l’attenzione su ciò che si crede per comprendere gran parte della sofferenza, dei comportamenti limitanti e dell’infelicità. La terapia psicologica lavora sul substrato delle convinzioni dell’individuo al fine di cambiare e, in primis, riflettere su ciò a cui diamo validità poiché questo potrebbe generare cambiamenti molto benefici ed eliminare importanti limiti per l’individuo rendendolo finalmente, libero di scegliere.
BIBLIOGRAFIA
APA Dictionary of Psychology. (n.d.). Well-being.
APA Dictionary of Psychology. (n.d.-b). Wellness.
Bandura, A. (2000). Autoefficacia: teoria e applicazioni, Trento ed. Erickson.
Chida, Y., Steptoe, A. (2008), Positive Psychological Well-Being and Mortality: A Quantitative Review of Prospective Observational studies. Psychosomatic Medicine, 70(7), 741–756.
Delle Fave, A. (2006), Dimensions of well-being. Research and intervention, Milano ed Franco Angeli.
Delle Fave, A. (2007), Introduzione. Le dimensioni soggettive del benessere e la psicologia positiva. In A. Delle Fave, La condivisione del benessere. Il contributo della psicologia positiva, (p. 9-19), Milano ed Franco Angeli.
Diener, E., Lucas, R. E., & Oishi, S. (2002), Subjective well-being: The science of happiness and life satisfaction. In C. R. Snyder, & S. J. Lopez, Handbook of Positive Psychology (p. 463-73) London, Oxford University Press.
Ellis A. (1989), Ragione ed Emozione in Psicoterapia, ed. Astrolabio
Feller, S., Castillo, E. G., Greenberg, J. M., Abascal, P., Van Horn, R., & Wells, K. B. (2018), Emotional Well-Being and Public Health: Proposal for a Model National initiative. Public Health Reports, 133(2), 136–141.
Kahneman, D. (2013), Pensieri lenti e veloci, ed Mondadori, Milano.
Lamers, S., Bolier, L., Westerhof, G., Smit, F., & Bohlmeijer, E. (2011), The impact of emotional well-being on long-term recovery and survival in physical illness: a meta-analysis. Journal of Behavioral Medicine, 35, 538 – 547.
Maslow, A. H., (1954), Motivation and Personality. Harpers.
Rao T. S. S., Asha M. R., Rao K. S. J., Vasudevaraju P. (2009). Editorial: the biochemistry of belief. Ind. J. Psychiatr. 51, 239–241. 10.4103/0019-5545.58285 - DOI - PMC - PubMed.
[1] Oishi & Diener, 2001; Diener, Lucas, & Oishi, 2002
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